La mostra Consuete attenzioni di Giovanni Termini presenta le ultime opere realizzate dall’artista siciliano, tra le quali una grande installazione che occupa la sala principale della galleria ME Vannucci di Pistoia. Accompagna la mostra un testo di Alessandro Rabottini.
Dopo la personale nelle sale di Palazzo Fabroni del 2021, Giovanni Termini torna a Pistoia per presentare la sua recentissima produzione e a stravolgere, come suo consueto, lo spazio, accogliendo/respingendo lo spettatore con l’installazione “La misura di un intervallo” (2022), che divide realmente in due parti la galleria, creando una grande gabbia di reti metalliche fermate con blocchi jersey di cemento.
Gli elementi che vediamo provengono dal cantiere, un luogo al quale spesso l’artista si ispira, attingendo elementi che hanno la capacità di mutare la dimensione umana, e urbana, e quindi l’esistenza. Le gabbie, in una logica cantieristica, delimitano una zona, ma in una galleria rendono inaccessibile una parte dello spazio che di solito può essere fruito dal pubblico. L’opera sottrae spazio, lo rende impraticabile, “uno spazio scenico di inazione” come lo definisce Rabottini nel suo testo.
Torna qui l’idea di ostacolo e di inciampo che si ritrova anche in altri lavori di Termini: è quell’oggetto che limita e che diventa dissuasore ad affascinare l’artista.
All’interno di questo spazio inaccessibile, alcuni palloni da basket evocano un senso di sospensione, di intervallo.
Il gioco per Giovanni Termini è un modo per affrontare l’esistenza: fare canestro, pensandoci, è segnare un punto e nella nostra esistenza ciascuno di noi segna o non segna dei punti, centra o meno un obbiettivo. Ma anche il fallimento è considerato una risorsa.
È uno “spazio dell’attenzione umana e della tensione quotidiana”, scrive Rabottini, facendoci riflettere sulla diversa capacità degli elementi di essere superati o rimossi: se la gabbia in metallo è potenzialmente smontabile con il solo sforzo umano, il jersey in calcestruzzo necessita di un mezzo meccanico per essere rimosso, siamo perciò in “uno spazio che lascia i più esausti”.
Gli altri lavori presenti in mostra sono stati pensati ed elaborati nello stesso momento, sono tutti del 2022 e insistono sulle stesse tematiche.
“Alcuni hanno definito il mio un lavoro politico” – dice Giovanni Termini – “ma non faccio lavori ideologici, per me la cosa interessante è l’uomo nelle sue molteplici sfaccettature”.