mostra personale

Consuete attenzioni- Giovanni Termini

DAL 02/10/2022 AL 06/12/2022

La mostra Consuete attenzioni di Giovanni Termini presenta le ultime opere realizzate dall’artista siciliano, tra le quali una grande installazione che occupa la sala principale della galleria ME Vannucci di Pistoia. Accompagna la mostra un testo di Alessandro Rabottini.

Dopo la personale nelle sale di Palazzo Fabroni del 2021, Giovanni Termini torna a Pistoia per presentare la sua recentissima produzione e a stravolgere, come suo consueto, lo spazio, accogliendo/respingendo lo spettatore con l’installazione “La misura di un intervallo” (2022), che divide realmente in due parti la galleria, creando una grande gabbia di reti metalliche fermate con blocchi jersey di cemento.

Gli elementi che vediamo provengono dal cantiere, un luogo al quale spesso l’artista si ispira, attingendo elementi che hanno la capacità di mutare la dimensione umana, e urbana, e quindi l’esistenza. Le gabbie, in una logica cantieristica, delimitano una zona, ma in una galleria rendono inaccessibile una parte dello spazio che di solito può essere fruito dal pubblico. L’opera sottrae spazio, lo rende impraticabile, “uno spazio scenico di inazione” come lo definisce Rabottini nel suo testo.

Torna qui l’idea di ostacolo e di inciampo che si ritrova anche in altri lavori di Termini: è quell’oggetto che limita e che diventa dissuasore ad affascinare l’artista.

All’interno di questo spazio inaccessibile, alcuni palloni da basket evocano un senso di sospensione, di intervallo.

Il gioco per Giovanni Termini è un modo per affrontare l’esistenza: fare canestro, pensandoci, è segnare un punto e nella nostra esistenza ciascuno di noi segna o non segna dei punti, centra o meno un obbiettivo. Ma anche il fallimento è considerato una risorsa.

È uno “spazio dell’attenzione umana e della tensione quotidiana”, scrive Rabottini, facendoci riflettere sulla diversa capacità degli elementi di essere superati o rimossi: se la gabbia in metallo è potenzialmente smontabile con il solo sforzo umano, il jersey in calcestruzzo necessita di un mezzo meccanico per essere rimosso, siamo perciò in “uno spazio che lascia i più esausti”.

Gli altri lavori presenti in mostra sono stati pensati ed elaborati nello stesso momento, sono tutti del 2022 e insistono sulle stesse tematiche.

Alcuni hanno definito il mio un lavoro politico” – dice Giovanni Termini – “ma non faccio lavori ideologici, per me la cosa interessante è l’uomo nelle sue molteplici sfaccettature”.

Nell’opera Comizio (2022) l’asta di un microfono sembra attraversare una porta, facendoci immaginare di poter trovare dall’altra parte del muro – quindi in esterno – l’altro pezzo di asta e il microfono, come voler far parlare all’interno qualcosa che sta fuori. Ma all’esterno in realtà non c’è niente, è una finzione che evidenzia l’ipocrisia umana. Per bilanciare questa negazione l’artista inserisce un elemento ironico e colorato, un telo azzurro da mare con una palma stampata.

La specularità delle divergenze (2022) è un lavoro che quasi si specchia e ti specchia: sono delle pedane in metallo che di solito aiutano l’accesso, ma che qui, poste l’una di fronte all’altra, perdono la loro funzione diventando autoreferenziali. Questo gioco narcisistico sospende la praticabilità delle cose, facendole diventare un ostacolo, un oggetto su cui si inciampa.

Le tre bottiglie, parte della composizione, sono state svuotate e riempite di un altro materiale per ridare un peso che non è più quello dell’acqua. Grazie a questo cambiamento possono subire, quasi come fosse un incidente, un bagno galvanico che le ricopre di una superficie specchiante. Sono degli oggetti intrusi, e l’intrusione è qualcosa che sorprende.

Spesso – racconta Termini – guardo in studio alla ricerca di un oggetto che potrebbe essere l’intruso in un’opera, e di solito è un oggetto che non mi interessa a livello formale. L’intruso mi piace perché non lo controlli. Mi capita spesso di utilizzare proprio quegli oggetti che mi predispongono a fare il lavoro, come per dare dignità alle cose che spesso sono marginali ma che orbitano intorno all’analisi poetica e alla costruzione di un linguaggio, allora le mostri e le metti in scena. Una sorta di senso democratico per dare la possibilità anche a quegli oggetti che contribuiscono alla costruzione dell’opera di essere opera. Una volta in una intervista ho detto che il mio più grande desiderio sarebbe tornare la mattina dopo in studio e trovarlo diverso, come se qualcuno avesse cambiato le cose in mia assenza, per sorprendermi. Dal mio lavoro mi aspetto di essere sorpreso, voglio essere il primo a sorprendermi. Gli oggetti hanno già un’umanità che va semplicemente evidenziata.”

L’opera Errata geometria (2022) prende forma da un appunto: “il tentativo da parta di tre stecche da biliardo, vincolate tra di loro sulla parete, di disegnare un quadrato”. Non si riesce a formare un quadrato perché la quarta stecca è assente. Ma queste stecche, per quanto vincolate tra di loro attraverso cavi di acciaio, costruiscono comunque una visione ed evidenziano una vitalità.

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Giovanni Termini

Nato nel 1972 ad Assoro in provincia di Enna.
Vive e lavora a Pesaro.